Sono molte le materie che dovrebbero essere (o tornare ad essere), insegnate nelle scuole o quanto meno potenziate. Ad esempio educazione civica, educazione artistica, educazione sentimentale e, non ultima, educazione finanziaria.
Sicuramente ognuno avrà anche altro da aggiungere alla lista, che non pretende di essere esaustiva e neanche di stilare una graduatoria di valore. Tralasciando le prime materie citate, sull’importanza fondamentale delle quali non vi è dubbio alcuno, poniamo l’attenzione sull’ultima, l’educazione finanziaria di cui ancora troppo poco si parla.
Perché, soprattutto in questo momento, conoscere le basi dell’economia e della finanza può fare la differenza e contribuire concretamente al benessere ed al progresso del singolo individuo e della comunità famigliare e sociale in cui è inserito.
Secondo la definizione dell’OCSE l’educazione finanziaria «è un processo attraverso il quale i consumatori, i risparmiatori e gli investitori migliorano le loro capacità di comprensione dei prodotti finanziari e dei concetti che ne sono alla base e attraverso istruzioni, informazioni, consigli sviluppano attitudini e conoscenze atte a comprendere i rischi e le opportunità di fare scelte informate, dove ricevere supporto o aiuto per realizzare tali scelte e per le azioni da intraprendere per migliorare il proprio stato e il livello di protezione».
In base ad alcune stime recenti solo il 30% degli individui in Italia è dotato di alfabetizzazione finanziaria, con enormi disparità di genere, ruolo professionale e distribuzione territoriale. E i numeri sono molto bassi anche tra gli studenti. A farne maggiormente le spese sono le categorie più fragili, i meno abbienti, le donne e in generale le persone meno attrezzate culturalmente.
Una ricerca pubblicata nel 2018 dalla Banca d’Italia ha rilevato un gap sostanziale fra il nostro paese e il resto dell’area Ocse per quanto riguarda il livello delle conoscenze di base dei temi legati alla finanza personale, al risparmio e agli investimenti: il 30% degli italiani ha raggiunto un livello di conoscenza di questi aspetti della propria economia domestica adeguato, contro una media Ocse del 62%.
Gli effetti della disinformazione finanziaria genera spesso l’inadeguatezza da parte degli individui a far fronte a eventi inattesi come la riduzione o la privazione del reddito per un certo periodo e l’incapacità di reagire in modo efficace a situazioni di grande rischio come quella che stiamo vivendo da ormai un anno a causa della pandemia e che non sappiamo ancora bene quanto possa durare.
Tutto questo rende il potenziamento dell’educazione finanziaria non più rinviabile.